Dove il Franciacorta è nato!

Mostrare sogni, raccontare storie e lasciar intravedere la propria anima. È così che la realtà riesce a parlarci, con un linguaggio senza codice, tuttavia universale. Produrre sensazioni uniche, significa saperle raccontare. Berlucchi ci riesce con naturalezza, disinvolta eleganza e inequivocabile stile.

Berlucchi: le sensazioni non si provano, si bevono

Foto di Laura Gatta

È mattina a Borgonato e un sole d’inverno svela i vigneti, le terre e la bellezza della Franciacorta. Cucina Semplicemente incontra Francesca Facchetti dell’Ufficio Stampa di Berlucchi, che ci accompagna fra i corridoi, gli angoli e le nicchie di un’azienda che ha fatto del territorio, un pensiero di vita.

Berlucchi: le sensazioni non si provano, si bevono

Foto di Laura Gatta

Siamo solo all’ingresso e, immediatamente, un incondizionato sentimento di italianità ci invade: i muri del corridoio d’accesso ci parlano, con le fotografie dei volti che conoscono Berlucchi. Una su tutte, la commuovente immagine di un euforico Alberto Sordi che brinda con un’avvenente Sophia Loren. Lo stile di vita dell’Italia bella per davvero, catturato in un attimo che porta via il cuore.

La galleria continua con i ricordi che hanno preso forma, immortalati negli antichi strumenti di lavorazione, nelle fotografie e nei prospetti che illustrano il territorio dove ci troviamo. Scendiamo otto metri sotto il livello del suolo per visitare la cantina: una luce soffusa ed avvolgente illumina le nicchie e i cavalletti dove riposano le bottiglie, perfettamente ordinate, catalogate con deliziose lavagnette retro. La quiete della giacenza del vino, s’infiltra nell’ospite. Continuiamo in quelle che paiono segrete dell’anima, fino alla parte più antica della cantina, che risale al Seicento.

Berlucchi: le sensazioni non si provano, si bevono

Foto di Laura Gatta

Il Pinot di Franciacorta 1961…

Tutto fa pensare a un racconto di Edgar Alla Poe: i lampadari avvolti dai soffici resti del tempo, le lampade opache sul colonnato, l’eco dei passi che risuona ai profumi rilasciati dalle bottiglie. Solo che questo non è un racconto, è autentico. A ricordarcelo, la reliquia vivente del Pinot di Franciacorta 1961, l’ultima e unica bottiglia rimasta.

Prima di risalire, l’affascinante visita alla macchina in funzione, cuore pulsante di questo seminterrato: una linea meccanica forte e precisa, che ricorda le atmosfere di Tim Burton, a mezz’aria tra il grottesco e la poesia. Le bottiglie, posizionate in linea, vengono controllate una per una, prima di essere vestite.

Salendo, percorriamo la lunghezza di un vero e proprio atelier d’arte, che utilizza l’iridescenza dei colori e il genio sregolato della creatività per materializzare i boschi, le foglie e i frutti della Franciacorta. Da Adriano Grasso Caprioli, ad Ivan Tresoldi, passando per Arnaldo Pomodoro, tanto per citarne alcuni.

Un corridoio artistico di mezzo, che dalle cantine, ci accompagna verso l’ingresso della casa colonica, dimora della famiglia Berlucchi, Palazzo Lana. L’arredamento, i tessuti, i ritratti, tutto trasuda lo spirito di una famiglia eclettica, da generazioni, alla ricerca di qualcosa, quel qualcosa che ha unito Guido Berlucchi a Franco Ziliani: un istante di sintonia visionaria e comunicazione profonda, per spargere i semi di un’azienda che vive e si nutre di significati.

Berlucchi: le sensazioni non si provano, si bevono

Foto di Laura Gatta

Ed è proprio in queste stesse stanze, che concludiamo il viaggio con due bicchieri di Berlucchi: ’61 Brut e Cellarius Pas Dosé. La magica combinazione per cui un bicchiere, riesce a contenere tutte le sfumature della personalità Berlucchi. Ricerca creativa, memorie familiari e sapore della terra. Come se le avventure di una vita si potessero bere.

 

Mirella Prandelli

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