Claudia Piantoni e il monococco – Abbiamo approfittato di Tuttofood per intervistare Claudia Piantoni di Molino Piantoni.

Claudia Piantoni e il monococco

Siamo al Tutto Food 2015 nel padiglione 5, dove espongono i migliori marchi italiani. Molino Piantoni rientra tra questi prodotti di punta della gastronomia italiana, grazie alla qualità che contraddistingue le sue farine.

CS- La storicità è uno dei valori fondamentali della vostra azienda.
CP- Sì, è vero. Io, mio fratello Glauco e ovviamente mio padre Michelangelo siamo alla guida di questa azienda e facciamo parte della quinta generazione. La nostra azienda esiste da oltre 150 anni, dal 1850: storicità e territorio sono i pilastri della nostra attività. Abbiamo scelto di proseguire con serietà il lavoro iniziato nel 1850, cercando di affiancare alla tradizione familiare l’innovazione del mercato e dei prodotti.

CS- Come avete investito nell’innovazione?
CP- Abbiamo ottenuto risultati innovativi, sia per quanto riguarda i nostri prodotti, sia per quanto concerne il mulino. Inoltre abbiamo acquistato un’insaccatrice all’avanguardia optando per un packaging più fresco, che esprima questa nuova filosofia. Si tratta di sacchetti da 500 g e da 1 kg appositamente creati per contenere matrici alimentari, ma la peculiarità è l’ATM: un modo di conservazione in atmosfera modificata che garantisce igiene e salubrità, evitando le contaminazioni esterne.

CS- E per quanto riguarda la ricerca, avete qualche progetto importante?
CP- Produrre farina significa vendere agli italiani un prodotto di uso quotidiano e necessario. Puntiamo molto sul benessere e sulla salute. Uno dei progetti di cui siamo più orgogliosi e che cerchiamo di sottolineare è la nostra collaborazione con il professor Lanzini, primario dell’Istituto di Gastroenterologia degli Spedali Civili di Brescia, con cui stiamo studiando i benefici del monococco sull’alimentazione, come la maggior digeribilità o l’idoneità di questo alimento ai diabetici.

CS- Ecco, appunto, parliamo del monococco. Com’è nata quest’idea?
CP- Tutto è partito con Riccardo Geminati, presidente della Fondazione Pianura Bresciana, che ha ripreso la coltivazione di questo antico cereale che oggi, a causa della grossa distribuzione e dei suoi ritmi, si era perso. Il monococco contiene solo il 3% di glutine, è ricco di proprietà organolettiche e ha elevati valori nutrizionali. Inoltre si tratta di una pianta molto resistente, che necessita di minori trattamenti chimici.

CS- E allora come mai se ne coltiva in piccole quantità?
CP- È un grano che ha poca resa, ecco perché gli agricoltori tendono a non coltivarlo. Noi con questo progetto vogliamo ritrovare il sapore e le proprietà di questo grano antico, incentivando la cosiddetta catena corta, soprattutto perché oggi di grano italiano ce n’è sempre meno e in molti si rivolgono a fornitori esteri.

CS- Insieme al legame col territorio, state riscuotendo nuovi clienti all’estero?
CP- Sì, il Made In Italy è un marchio di grande garanzia soprattutto nell’ambito alimentare. Vendiamo le nostre farine anche in Spagna, in Inghilterra e in Germania, ma ci teniamo a mantenere salde le nostre radici: all’interno del nostro mulino abbiamo restaurato un vecchio convento di campagna che ha un grande valore per la nostra famiglia e per il territorio.

CS- Qual è il vostro prossimo passo?
CP- Continuiamo a testare nuove farine macinate direttamente a pietra e non solo, per ritrovare i gusti di una volta e i prodotti con più sali minerali e piùfibre. Inoltre stiamo testando personalmente la coltivazione di altri nuovi tipi di grano, di cui presto vi faremo sapere.

 

Mirella Prandelli

 

Fotografia di Laura Gatta

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