Maurizio Lodi: a lezione di fotografia per la cucina di alta classe, ma anche per i piatti più semplici.

Dallo Slow Food al Fast Food, da Gualtiero Marchesi all’Artusi due chiacchiere all’ombra del Food Movement con uno dei più importanti fotografi italiani, Maurizio Lodi.

Ubik - Maurizio Lodi, zafferano - Cucina Semplicemente

La cucina di benessere non è fatta solo di chef che si misurano con gli ingredienti e le tendenze, è fatta anche da chi opera in settori completamente diversi ma vicini, come ad esempio la fotografia. Abbiamo rivolto alcune domande a Maurizio Lodi titolare dello Studio Ubik in Milano. Maurizio è un “food photographer”, è una persona che ha sviluppato una particolare sensibilità nel raccontare i piatti ma soprattutto il suo stile ha anticipato la sensazione di benessere che tutti noi ci attendiamo da una cucina piena di armonie tra gusti e colori.

Cucina e benessere sono sinonimi di buon cibo o di dieta insipida?

Sono sinonimi di attenzione e di equilibrio. Non credo allo stereotipo salute = privazione. Anche se l’italiano medio, quello delle ricerche di mercato fatte con le crocette, forse sta ancora lì. Personalmente associo allo stare bene i cibi freschi di stagione, e di qualità. Amo le erbe aromatiche, che riempiono di profumi e di sapore. Evito il più possibile i cibi conservati e le invenzioni dell’industria conserviera anche se all’insegna della leggerezza.

Uso poco il sale, comunque, sopratutto sulle verdure. Per quanto riguarda le privazioni, ogni tanto mi metto a dieta per un certo periodo di latticini, o di caffè. Sarei anche vegetariano, ma non ce la faccio. Istintivamente associo il pesce, non i crostacei, al benessere per la sua digeribilità e leggerezza, ma il mercurio lo lascio da parte con le lische.

Devo anche però riconoscere che sono un italiano con un metabolismo fortunato.

Ubik - Maurizio Lodi, impanatine di pesce spada - Cucina Semplicemente

La cucina italiana è associata alla cucina grassa. E’ vero?

I grassi hanno una certa rilevanza nella nostra cucina, e le ricette che esagerano abbondano. Mi sembra però che si stia affermando un gusto più “leggero” e che la maniera italiana si sia saputa rinnovare senza perdere appetitosità. Io uso pochissimo il burro e non conosco margarina e strutto. Faccio un esempio: pietanze come la cervella, che mia madre mi preparava quando ero piccolo, sono scomparse ( prima della encefalite spongiforme ), perchè quella alimentazione non corrisponde più alle nostre esigenze. Siamo un paese di terziario e bruciamo poche calorie.

Ubik - Maurizio Lodi, fritto di verdura - Cucina Semplicemente

Nella tua esperienza di “food” hai mai trattato piatti legati alla cultura del benessere? E se si facevano parte di un progetto più ampio?

L’argomento è continuamente presente anche intrecciato col tema della rivisitazione della tradizione, dell’ alleggerimento e della digeribilità delle preparazioni. Quindi potrei dire che lo tratto costantemente. In fotografia, da qualche tempo, lo stesso impianto di illuminazione, nelle immagini di alimentazione, tiene conto di questo aspetto. L’ambiente che viene suggerito è sempre luminoso e positivo, fresco: i bianchi puliti, i colori saturi.

Tempo fa lavoravo per Buono e Naturale, poi diventato Cucina e Salute, ed ovviamente la testata era un progetto dedicato totalmente al tema. Ho accompagnato il diffondersi dei cibi biologici appena prima del boom commerciale, quando sono entrati nella grande distribuzione. Dopo il biologico ho anche approcciato il discorso della agricoltura biodinamica, ma non professionalmente, quanto piuttosto come approfondimento culturale, e per prossimità ideale con la pedagogia Waldorf di cui sono sostenitore.

I periodici ai quali lavoro riservano una certa attenzione al benessere anche se trovo che si possa e si debba ancora fare qualche passo per svecchiare. A volte ho l’impressione che alcune ricette non siano più praticate se non negli studi fotografici. A volte il tema benessere viene portato, per esigenze giornalistiche, sul sentiero delle diete stagionali ( la dieta bikini ad esempio ) o medicali ( effetto ospedale ) e, da fotografo, fatico un pò a dare del colore e a restituire della appetitosità. In questo caso alle immagini, oltre che al gusto, diventa indispensabile il ricorso alle erbe aromatiche.

Ho appena fatto un preventivo per dei pack di prodotti dietetici da forno: crackers e biscotti con farine alternative. Sembrano essere prodotti di qualità, molto buoni, ma sono trattati in ottica punitiva, sottolineando le mancanze. Le nuove confezioni dovranno essere invece un trionfo di godimento.

Come si lavora sul set con gli chef?

Quando si lavora con i cuochi la fotografia è intesa come testimonianza e quindi in una relazione di servizio all’opera gastronomica. Gli chef hanno una idea ben precisa del risultato che il loro piatto deve raggiungere anche dal punto di vista estetico. L’aspetto della presentazione è spesso predominante. Gli accostamenti di gusti e colori, il trattamento, a volte spregiudicato, degli ingredienti, puntano insieme ad una risposta emotiva che l’immagine deve cercare di rispecchiare.

Sono sempre disponibile ad ascoltare perché più cose vengo a sapere più elementi ho per fare al meglio il mio lavoro e sono sinceramente interessato e affascinato dalla loro arte. Di mia pertinenza rimane il linguaggio dell’immagine fotografica che deve rendere questa complessità . Ma non mi riferisco alla mera conoscenza tecnica delle mie apparecchiature. L’osservazione nasce ed agisce fuori dalla fotocamera. Allora mi può capitare che serva fare qualche spostamento con una pinzetta da chirurgo, o sostituire una foglia, aggiungere o togliere, ungere con dell’olio un particolare, proprio per rispettare quanto creato dallo chef, come fa un truccatore con un viso. Non faccio fototessere dopotutto.

Bene…quando mi vedono armeggiare, immagino la loro inquietudine, ma nella media capiscono che sto lavorando per loro.

Ubik - Maurizio Lodi, trifle - Cucina Semplicemente

La fotografia nella nouvelle cuisine è stata un veicolo di diffusione importante. E’ vero?

Certamente. Quella corrente ha interpretato una estetica oltre che una filosofia del gusto. Ha stabilito un punto dal quale non si è più tornati indietro. Il mio lavoro ha assunto più importanza di riflesso. La fotografia di food è andata a lambire il campo della riproduzione d’arte e doveva dare testimonianza della novità e della libertà con le quali il cibo veniva trattato.

Ubik - Maurizio Lodi, asparagi in pentola - Cucina Semplicemente

Quali sono le tendenze oggi della cucina italiana.

Dal punto di vista della cultura del cibo ciò che è rappresentato dal movimento Slow Food, e cioè la difesa dei prodotti di qualità e delle lavorazioni fatte con cura, Il kilometro zero, sono valori affermati e ampiamente condivisi, testimoniati e promossi dai nostri più affermati cuochi e da uno stuolo di piccoli produttori artigianali, che a volte hanno più riconoscimenti all’estero che in Italia.

Sono contento della resistenza popolare agli OGM, nonostante gli enormi interessi in ballo, dell’onda lunga del cibo da coltivazione biologica, seppur ci sarebbe da capire l’elasticità e la serietà del sistema di certificazione, e della nascita della ristorazione “poca ma buona” , cioè di quei locali che offrono pochi prodotti ma curati piuttosto che la vasta gamma del ristorante tradizionale. Credo che questi non siano episodi ma argomenti che rimarranno a lungo in auge.

Sono un po’ annoiato invece dallo star system applicato alla cucina. Certo tecnicismo e la ricerca della trovata ad ogni costo sono a volte esercizi di stile che non aggiungono nulla. Ho fotografato un piatto per il quale un bravissimo cuoco che lo preparava, dopo aver letto e riletto la ricetta scritta dallo chef, ha dovuto telefonare e chiedere come ( diavolo! ) si facesse una julienne di pane ferrarese. ( la soluzione in fondo all’intervista ).

In cucina apprezzo la semplicità e i sapori netti, gli accostamenti anche sorprendenti, o la delicatezza che invita ad assaporare. Personalmente mi fa più piacere assaggiare il sapore della foglia di pianta grassa che sa di ostrica che districare complesse architetture di porro, alla maniera della paglia di Vienna, che poi mi cedono di schianto.

È vero che la cucina degli chef è una cucina di lusso?

Certi ingredienti ricercati, certe lavorazioni ed invenzioni sono studiate e riservate a chi dedica loro il portafoglio. Ho fotografato una linea di salumi le cui carni vengono marinate nel Sassicaia o in altri vini pregiati. Esiste però una cucina d’autore più diffusa e popolare, che controbilancia la scalata di alcuni chef che sono diventati personaggi pubblici, televisivi, e la fortuna di alcune carriere, sopratutto nella capitale, legata al fenomeno degli chef di partito.

Da esperto commentatore della bellezza del piatto che suggerimenti potresti dare ai nuovi chef che si affaccino al mercato. Agli chef non mi sento di poter dare consigli. Nel loro curriculum la ricerca della bellezza è un ingrediente acquisito. Potrebbero come categoria cercare di essere più simpatici magari. Da noi non pare abbia successo il genere ragazzino geniale alla Jamie Oliver, nonostante qualche emulatore ci sia.

 

Cosa ne pensi dell’operazione McDonald’s che firma i panini con Marchesi?

Il fatto che MacDonald’s faccia uscire così tanti prodotti nuovi mi rincuora. Probabilmente il mercato paninaro va tallonato da presso perché anche il fast food si è diversificato e il cliente imbrocca l’ingresso di qualche altro locale. Marchesi è per gli italiani il vate dell’alta cucina e per alcuni un simbolo di non compromissione. Ora diventa un brand come la Sisley per la Panda, ma la cosa non mi stupisce. Cosa stupisce ormai? Magari gli han solo chiesto di firmare un progetto studiato da altri. Per compenetrare meglio i due mondi, fast food ed alta cucina, potrebbero aggiungere una foglia d’oro, magari togliendo la Coca Grande dal menù.

Che evoluzione prevedi per il tuo lavoro, nel senso che la fotografia inventerà nuovi modi di comunicare il cibo?

Nella sfera asferica di cristallo prevedo in editoria un ritorno ai fondi scuri, ad un genere di immagini più pittorico e più elegante. Preannuncio la ricomparsa di ambientazioni rustiche ma ricercate, di ambienti meno idealizzati ma semplici, suggeriti anche da pochi elementi, dai materiali. Questo attorno al cibo. Spero che il cibo tenda sempre più alla semplicità ed alla verità, assomigliando a se stesso e svecchiandosi anche nella presentazione. Perché fare torte al limite della antropofagia che assomigliano a personaggi dei cartoni animati. Il pesce finto, le decorazioni barocche zoomorfe, i cigni coi bignè sono rimasti invariati dall’Artusi. Celebrata l’unità di Italia si potrebbe guardare avanti.

Per quanto riguarda il mio lavoro di operatore dei media, credo che un certo successo avranno i nuovi mezzi di lettura e di fruizione di contenuti, come gli smartphone, ma sopratutto i tablet. Sono uno dei pochi mercati previsti in crescita. Il racconto sul cibo coinvolgerà anche il video, sganciato dall’estetica televisiva, e la fotografia si riapproprierà di tecniche da cineteca, come lo stop-motion e il time-lapse. Si riapproprierà del movimento rimanendo fotografia, con la cura che ne è propria.

Ubik - Maurizio Lodi, salumi tipici - Cucina Semplicemente

In realtà le mie previsioni descrivono cose che sono già realtà emergenti . L’editoria pare avere la strada è segnata. La cura è un palliativo: le testate vengono curate di meno , impoverite di contenuti e riempite di marchette e publiredazionali, oltre alla pubblicità. Il tubo digerente del lettore però ne ricava malessere. Una specie di intolleranza. E il lettore si disaffeziona. Cerca altro, Magari si sposta sui blog. Non immagina che le grandi aziende stanno già rifilando la cura che hanno usato coi giornalisti ai bloggers. Benefits, regali, inserzioni, banner in cambio di informazione amica.

Il bel libro di cucina illustrato, magari da editore estero ( visto che in Italia non si fa quasi niente), con la carta e la stampa giusta rimarrà ancora nelle librerie, ma nuovi prodotti nasceranno e seguiranno la strada di qualità tracciata ad esempio dall’edizione digitale di Martha Stewart Living , erodendo ulteriormente il mercato e attraendo più inserzionisti.

Anche noi fotografi abbiamo delle buone possibilità creative se rimaniamo agganciati a questo mondo contemporaneo che marcia sopra i limiti di velocità. Dovremo semplificare e reinventarci, progettare e probabilmente ingrandire le nostre strutture, per non finire come i ricercatori sui tetti a reclamare una lungimiranza da chi non la possiede per progetto. Dovremo investire tutti i nostri due Euri, ognuno e assieme, e stare con gli occhi aperti, partorire idee e fare, fare, fare, mentre all’estero marciano a tutto vapore.

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