Quando la tradizione è tendenza

A strati, colorati, ghiacciati, densi, blandi, dolci, delicati, guarniti con frutta, serviti in bicchieri enormi e deliziosi: i cocktail americani. Conoscerli ed apprezzarli significa vivere con il savoir faire contemporaneo di chi sa godersi la vita, di chi scinde il formale dall’informale; in altre parole, di chi sa dosare la velocità con cui si sorseggia un bicchiere, a seconda del grado d’interesse della conversazione.

Let's cocktail!

In tutto il mondo, in tutti i locali, brandire un cocktail è come sfoderare un conclamato stile di vita, che stacca dal quotidiano e dalle divise del lavoro, per tuffarsi nella socialità serale. Specialmente nei paesi anglofoni, come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, appena usciti dall’ufficio, ritrovarsi al pub per una bevuta in compagnia è un appuntamento di routine, che al contempo, contribuisce a romperne la monotonia.
Che siate seduti ad un ristorante, a una tavola calda, ad un fast food o ad un cocktail bar, la domanda è sempre la stessa: anything to drink? Qui in America, l’acqua è gratis ed è priorità del cameriere prestare attenzione affinchè il bicchiere sia sempre pieno. Dunque, a sua volta, ordinare un cocktail è fondamentale. E meno male.

Let's cocktail!

La storia dei cocktail è difficili da tracciare

Le prime bevande in cui si mescolavano gli alcolici con ingredienti fruttati venivano preparate sulle navi mercantili europee, dove i liquori tradizionali si fondevano con spezie e colori di paesi esotici. Più tardi, fu proprio nell’America del Nord che i cocktail iniziarono a tramandarsi come vere e proprie ricette. Durante gli anni del proibizionismo, quando dell’alcol erano banditi vendita, fabbricazione e trasporto, la qualità dei distillati si fece più scadente e dunque i baristi iniziarono a mescolarli con ingredienti dal sapore più gradevole. Oggi, l’International Bartender Association, organizzazione internazionale di barman fondata nel 1951, riconosce ufficialmente 60 cocktail in totale, una lista aggiornata di anno in anno, a seconda delle novità. Eccovi la mia top three.

Let's cocktail!

Frozen Mojito al Rusty Knot, West Village, New York

Un locale old school, in stile navy, con tanto di reti e ancore a decorare le pareti. Mi consigliano il Frozen Mojito. Arriva una sorta di sorbetto morbido, di un verde mela pastello, strabordante da un bicchiere decorato con una sirenetta appesa al bordo, come fosse la prua di una nave. Dopo il primo sorso, fatico a capire se si tratta di un dessert o di una bevanda alcolica. Arrivata alla fine, ne voglio immediatamente un altro e realizzo che si tratta indiscutibilmente di una bevanda alcolica.

Frozen Mango Margarita al Burrito’s, Chelsea, New York

Qui ordinare un margarita è come scegliere un paio di scarpe. Frozen o normale? Liscio o ai gusti fruttati? Piccolo o grande? Well, “trials and errors” come dicono qui, ovvero “provale tutte per risolvere il problema”, il metodo che preferisco, peraltro molto efficace. Dopo un piccolo trambusto causato dal formato del mio ID (dicesi documento d’identità, guai a non averlo in America e Inghilterra!) mi godo il big frozen mango margarita. Cointreau, tequila, ghiaccio, succo di lime e due cucchiai di zucchero di canna per un viaggio oltre il Messico, sulla spiaggia dei sapori paradisiaci.

Raspberry Lemonade, Seafood Shack, Las Vegas

La maggior parte delle persone raggiunge Las Vegas per il gambling. Personalmente, farei tredici ore di volo per un tour gastronomico fusion di alta classe. Allo Seafood Shack, all’interno dell’hotel Treasure Island, nella Raspberry Lemonade, i lamponi interi galleggiano in una vodka mischiata al succo di limoni freschi. Quelli che non rimangono sul fondo, una volta macerati, riescono ad infilarsi nella cannuccia, come una piacevole sorpresa di cui ci eravamo scordati.

 

Mirella Prandelli

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