Marco Gandini – Non solo cucina: Cucina Semplicemente incontra Marco Gandini, regista di fama internazionale.

Marco gandini: l'intervista - Cucina Semplicemente

Marco gandini: l’intervista – Cucina Semplicemente

La musica e l’opera lirica sono dei patrimoni culturali radicati nel nostro Paese, che coltivano ed esprimono il virtuosismo italiano in tutto il mondo. Dopo Marisa Laurito e Lina Sastri, Cucina Semplicemente apre una finestra sui talenti del palcoscenico con Marco Gandini. Non solo cucina dunque: la cultura, in tutte le sue forme, contribuisce all’identità italiana, fortemente legata all’arte culinaria, attraverso cui sfoga la sua inarrestabile creatività. Ci piace considerare la cucina come parte del ventaglio poliedrico che compone l’eccellenza italiana.

CS- Dopo la laurea presso l’Università La Sapienza di Roma, muove i primi passi sul palcoscenico in veste di mimo. Ha sempre saputo di voler lavorare nel teatro?
MG- Non avevo forse la consapevolezza di questa passione, ma indubbiamente dentro di me c’era una spinta che mi portava a ricercare il teatro. La musica soprattutto, tutta la musica, è sempre stato il mio punto di maggiore interesse. La combinazione del teatro in musica ha rappresentato un mondo meraviglioso che mi ha accolto con favore.

CS- Da attore, a assistente alla regia, fino a diventare un affermato regista di opera lirica a livello internazionale. Come ha vissuto questo cambio di ruolo? Ha cominciato a recitare per fare regia?
MG- Io sono un fervidissimo sostenitore della cosiddetta “gavetta”, sono cioè convinto che la professione si costruisca a gradi, un mattoncino sopra l’altro, con pazienza, studio, dedizione. Bisogna crescere nel lavoro seguendo un percorso che potenzi le proprie capacità ed attitudini. Tutto viene quindi naturale, una cosa porta conseguentemente all’altra.

CS- Dopo il suo debutto come regista nel 1997, c’è una lunga lista di vari successi, nei teatri più rinomati del mondo. Utilizzando la metafora “luci e ombre” del teatro, quali sono le luci e le ombre del fare regia?
MG- Dunque.. le ombre le conosco benissimo, e sono gli aeroporti, le coincidenze dei voli, la casa-valigia che ci si trascina dietro, e anche un po’ la lontananza dagli affetti. Le luci sono le persone diversissime, i paesi che si vengono a conoscere. C’è un’aria del tenore in Così Fan Tutte di Mozart che inizia con le parole “Un’aura amorosa..” ecco! Questo è quello che ci vuole nell’aspetto umano del nostro lavoro, in palcoscenico, con gli artisti, i tecnici. Se non si stabilisce una vibrazione di energia sana nulla del lavoro potrà mai essere buono.

CS- La sua esperienza artistica è costellata dai nomi più prestigiosi dell’opera lirica. Da Franco Zeffirelli a Graham Vick. C’è qualcuno che l’ha segnata o ispirata in maniera particolare?
MG- Loro sono i miei maestri principali, così diversi per background ed estetica. Ma anche significativi sono stati Giuliano Montaldo, un esempio di virtù, e Mauro Bolognini e Piero Tosi, Ezio Frigerio. I maestri però sono tutte le voci che contribuiscono alla crescita, quindi alcuni cantanti, i direttori d’orchestra, i maestri al pianoforte, gli stessi tecnici, ognuno in teatro ha un bagaglio culturale ed umano, sta a noi saperlo cogliere.

CS- Grazie al suo successo ha avuto occasione di viaggiare molto, presso i teatri di vari continenti: New York, Salisburgo, Tel Aviv, Tokyo, Seoul, Pechino ecc. Qual è il peso dell’italianità nell’opera a livello mondiale? È un’identità spendibile nel mondo culturale contemporaneo?
MG- Guardi, il mio motto e ambizione è quella di essere “un buon esempio di buon italiano all’estero” e di questo ce n’è enormemente bisogno: l’immagine dell’ Italia ha perso un po’ di smalto. Lasci perdere quello che dicono gli amministratori nostri, noi sentiamo le opinioni reali e dirette delle persone all’estero, e non sono sempre positive. Si parla spesso di fuga di cervelli: ma quale fuga! Noi siamo dei rappresentanti della nostra cultura nel mondo, abbiamo un obbligo quali ambasciatori. Le istituzioni dovrebbero fare di più e anche riguardo all’opera lirica, poiché questa è l’unico veicolo della nostra lingua all’estero, che si parla solo e grazie all’opera: la lingua è il principale veicolo della nostra cultura.

CS- Oltre che regista, lei è anche docente docente di Tecnica dell’Espressione presso l’Accademia del Teatro Alla Scala di Milano. Qual è l’importanza dell’espressività nella riuscita di una performance lirica, rispetto alla tecnica canora?
MG- L’espressione, dal latino ex premere, è il modo in cui un contenuto, un significato viene trasmesso. Dobbiamo concordare tutti gli elementi, voce, corpo, fraseggio, musicalità, parola, faccia, nella buona proporzione affinché il contenuto sia comunicato in modo chiaro ed inequivocabile. Nel grado e modo di questa proporzione degli elementi sta quella che viene indicata come interpretazione artistica.

CS- Dal 13 febbraio, terrà un Master di perfezionamento in Tecnica dell’Espressione in collaborazione con il CAFT, patrocinato dall’Università Roma Tre. Ci parli di questo progetto.
MG- È un progetto bellissimo, in collaborazione con Nelson Calzi, che è maestro collaboratore alla Scala. Proponiamo un corso che migliori la qualità del performing art, cioè insegniamo un metodo per aumentare le proprie capacità artistiche nella rappresentazione. Un artista deve raggiungere una padronanza consapevole nell’esercizio della propria performance e conseguire un alto livello di verità espressiva. Sono ormai 15 anni che sviluppo esercizi e metodi di studio tesi a questo insegnamento. A Roma, in seno al Centro di Alta Formazione per il Teatro, che comprende anche bellissimi corsi di cinema, teatro e musical, ho trovato il contesto giusto per insegnare questo metodo. Ci sarà anche un concerto finale al Palladium di Roma il 24 febbraio che è anche occasione importante di promozione per i ragazzi iscritti al corso

CS- Quali sono i suoi progetti futuri?
MG- Nozze di Figaro a Tokyo, con il quale andremo in tournée in Cina. E’ assolutamente significativo che ci sia un regista italiano a condurre un cast di giapponesi in un’opera che possiamo definire italiana, e con essi poi in Cina. Fino a soli due anni fa tutto questo era impensabile. Poi Fanciulla del West a Manaus, nel teatro reso celebre in Fitzcarraldo, nel cuore dell’Amazzonia, che ospita ora il più prestigioso festival del Sud America. Ci sarà anche un balletto, Alice, per cui firmo la drammaturgia e la regia, al Teatro San Carlo di Napoli. Infine Sei Personaggi in Cerca di Autore di Pirandello a San Paolo in Brasile, e la ripresa a Milano di Boheme al Teatro alla Scala per Expo 2015 in collaborazione con Orchestra e Coro Simon Bolivar del Venezuela e Dudamel come direttore d’orchestra.

 

Mirella Prandelli

 

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