In cucina, come per il nostro corpo, la materia prima può fare la differenza. I professionisti del benessere conoscono il prodotto e approfondiscono la sua storia, risalendo alla tracciabilità. Solo così si può intravedere il volto di chi produce la qualità, conoscerne l’identità, i valori e il modo di lavorare.

Cucina Semplicemente ha incontrato Sabrina Dallagiovanna, che lavora nell’azienda di famiglia – Molino Dallagiovanna –  come responsabile marketing: ci ha raccontato i segreti, la filosofia e la storia di un’azienda preziosa, che dal 1832 lavora in armonia col territorio, seguendo le nuove frontiere del consumo di farina.

Sabrina Dallagiovanna: la signora delle farine!

CS: Tra i vostri punti di forza, indiscutibilmente, c’è la scelta della materia prima. Come procedete?

SD: Ogni settimana mio padre si reca a Milano al mercato dei cereali, una vera e propria borsa del grano: determina i prezzi e studia i vari campioni, successivamente testati nei nostri laboratori. Come dice lui «Se c’è un grano buono nel mondo, lui lo va a prendere!». Scegliamo sempre i migliori grani nazionali, privilegiando il prodotto italiano. Per le tipologie di grani che non crescono in Italia invece, chiediamo il passaporto del cereale e le certificazioni, in modo da conoscerne la filiera produttiva.

CS: Che tipo di legame avete con il territorio?

SD: Molto forte. Oltre ad utilizzare una materia prima che viene dal nostro territorio, cerchiamo di far conoscere il piacentino all’estero, attraverso collaborazioni o associazioni con altre figure del posto. Inoltre, crediamo nel rispetto della nostra zona e lavoriamo in modo sostenibile. La nostra sede si trova in piena campagna e, per il lavaggio del grano, utilizziamo acqua che viene depurata e riutilizzata nelle coltivazioni limitrofe. Reperiamo la materia prima il più possibile vicino a noi, a km zero. Stiamo lavorando anche sul tritordeum, un cereale sostenibile, frutto dei ricercatori spagnoli. Si tratta di un prodotto molto robusto, che necessita di poca acqua e poche sostanze artificiali.

CS: A proposito di portare il piacentino all’estero, avete molti clienti fuori dall’Italia?

SD: Siamo affacciati al mercato estero in modo sistematico da un paio d’anni, nei quali tuttavia abbiamo stretto legami importanti. Lavoriamo con un cliente storico in Inghilterra da 35 anni: è il primo produttore inglese di coni e cialde per gelato. Da due anni abbiamo aperto il management dedicato al mercato estero, e adesso iniziamo a stabilire alleanze internazionali: è una soddisfazione sapere che la pizza di Harrods è fatta con la nostra farina!

CS: Avete una vasta gamma di prodotti, tra cui farine speciali e senza glutine. La Farina Uniqua è la più interessante, ce ne può parlare?

SD: È la nostra ultima farina, lanciata a Sigep a gennaio. Uniqua è una farina trasversale: riprende il prodotto di una volta, in equilibrio con la materia prima. Il nome nasce dalla parola “acqua”, che ne racconta il lavaggio e dall’aggettivo “unica”, che ne indica la sua trasversalità. Ne abbiamo di cinque tipi, ognuna con particolarità specifiche: è un prodotto che incontra il gusto dei consumatori che ricercano la qualità del passato e le proprietà del benessere. È caratterizzata da valori nutrizionali più elevati e contiene più fibre della farina tradizionale.

CS: E per il futuro? Avete progetti specifici?

SD: Nei prossimi mesi parteciperemo a diverse fiere ed eventi internazionali, tra cui Expo 2015. Il nostro obiettivo è quello di ottenere il riconoscimento dei grandi esperti, come ha già fatto il maestro Iginio Massari, sia all’estero che in Italia. Inoltre, continuiamo ad investire in ricerca e sviluppo, una delle parti fondamentali della nostra azienda.

 

 

Mirella Prandelli

 

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