La scadenza effettiva degli alimenti – Ecco un rapidissimo e utile vademecum per capire come individuare la scadenza effettiva degli alimenti.

La scadenza effettiva degli alimenti - Cucina Semplicemente

La scadenza effettiva degli alimenti – Cucina Semplicemente

A causa della crisi economica, si ravvisano nelle persone una maggior attenzione allo spreco e una più salda consapevolezza rispetto al valore di un prodotto. Spesso però, tagliare sulla spesa a tavola, fa storcere il naso.
Dai primi mesi del 2014 un avvenimento curioso ha dato risalto a questo argomento: nei Paesi colpiti duramente dalla recessione, alcuni supermercati hanno messo in vendita dei prodotti “scaduti” che tuttavia possono essere ancora tranquillamente consumati, in ragione del fatto che, per alcuni alimenti, il processo di deterioramento avverrebbe molto più tardi.

In Italia, al contrario della Grecia, permane il divieto di vendere cibi “scaduti”.
Perchè il termine scaduti è virgolettato? Secondo la legislazione europea esistono due diciture applicate alle confezioni dei beni alimentari. Si parla di termine minimo di conservazione per indicare la data fino alla quale il prodotto, in adeguate condizioni di conservazione, mantiene le sue proprietà. In questo caso si usa la dicitura “da consumarsi preferibilmente”. Invece, la data di scadenza è indicata dall’espressione “da consumarsi entro” che precede la data in cui il prodotto deve essere effettivamente consumato.

La data di scadenza degli alimenti è strettamente legata a diverse caratteristiche come la qualità della materia prima e la tecnologia di produzione o packaging e dunque, difficilmente si possono stilare indicazioni precise. Inoltre, molto dipende dalla temperatura del frigorifero, che si stima dovrebbe stabilirsi ai 4°C, mentre molti frigoriferi domestici oscillano tra i 6 e gli 8°C. Anche il periodo dell’anno fa la sua parte: durante il caldo afoso, sarebbe bene anticipare di un giorno i limiti prestabiliti. Tuttavia, in molti casi è possibile essere più flessibili rispetto alla data indicata, visto che il consumo di alimenti scaduti non sempre presenta controindicazioni.

Ecco qualche consiglio:

Ricotta e robiola sono formaggi delicati: una temperatura non adeguata favorisce i processi di alterazione organolettica. Il degrado sensoriale è evidente, anche se non pericoloso per la salute. Si raccomanda di consumarli 5 giorni prima della data riportata.

Il latte fresco, per legge, va consumato entro i 7 giorni dopo il confezionamento. Se conservato bene però, si può tranquillamente bere fino a 2 giorni dopo. Diversamente, il latte crudo va sempre fatto bollire prima di essere consumato.

Lo yogurt scaduto da 7-10 giorni, se non ci sono rigonfiamenti o muffe, si può ancora consumare, con lo svantaggio che, dopo i 30 giorni di durata stabiliti dal produttore, i fermenti rimasti vivi sono pochi e il gusto può essere acidulo.

Attenzione invece alle uova! La legge fissa la scadenza entro 28 giorni dalla deposizione ma i microbiologi consigliano di consumarle dopo 2 settimane, per evitare il rischio di salmonellosi. Se si utilizzano crude o come ingredienti di maionese, creme o salse è meglio usarle “extra fresche” che possono avere al massimo una settimana.

Per quanto riguarda le proteine animali, è auspicabile sempre rispettare la scadenza a causa della crescita di Listeria, un battere che attacca il sistema immunitario. Con i salumi affettati il periodo varia dai 30 ai 60 giorni, come indicato dai produttori. Con il salmone fresco affumicato il tempo arriva ad un massimo di 40 giorni, anche se è consigliabile mangiarlo 8-10 giorni prima, perchè facilmente  avvicinabile dai batteri.

 

Mirella Prandelli

 

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