Slow Food USA: intervista a Richard McCarthy – Continua il viaggio attraverso le novità dell’Esposizione Internazionale del Cibo buono, pulito e giusto. All’interno del padiglione Terra Madre, Cucinasemplicemente è riuscita a incontrare Richard McCarthy, Executive Director di Slow Food USA.

Slow Food USA: intervista a Richard McCarthy - Cucina Semplicemente

Slow Food USA: intervista a Richard McCarthy – Cucina Semplicemente

Nella parte sinistra del padiglione Terra Madre, incuriosisce la grafica della nota chiocciola logo di Slow Food su sfondo della bandiera degli Stati Uniti d’America. Sì, è vero, Slow Food conta 100.000 soci in 150 Paesi e oltre 2000 comunità del cibo in tutto il mondo, questi sono numeri noti. Solo, riesce difficile collegare «l’antidoto alla follia universale della fast life», citando proprio Carlo Petrini, alla culla culturale del cibo veloce. Ma è proprio così?

Dopo aver fissato un appuntamento, ci riceve Richard. Qui lo indichiamo con la confidenza e l’apertura con cui il presidente ci ha accolto: un uomo semplice, sorridente, entusiasta dell’atmosfera di Terra Madre.

CS: Slow Food USA. Suona come una contraddizione! Lei che ne dice?
R: (ride) Sì, lo potrebbe sembrare in effetti. Eppure l’America ritratta dai media, quella dell’American Dream, delle multinazionali è solo una parte del Paese. Oltre alla grande città come centro di aggregazione umana, il territorio degli Stati Uniti presenta moltissime aree immerse nella natura, in cui agricoltori e produttori si battono per promuovere il loro prodotto, un prodotto buono, pulito e giusto, come dice Petrini.

CS: Sì, certo. Superando la provocazione, è più difficile diffondere i principi di Slow Food in un Paese come gli Stati Uniti?
R: Sì, è vero. In effetti i dati sull’obesità e il Junk Food (cibo spazzatura) da noi sono preoccupanti. La nostra filosofia di vita è sempre stata alimentata dall’idea di time pressure: in pochi cucinano ancora, spesso la si considera come un’attività outsourcing di cui servirsi fuori casa, in modo veloce. Eppure negli ultimi 20 anni le cose stanno cambiando: le comunità stanno cercando di riscoprire le proprie radici attraverso il cibo e i suoi metodi di produzione. Si tratta di una sensibilità crescente a questo tema.

Mentre risponde, mi mostra una mappa curiosa: la rappresentazione degli Stati Uniti d’America, divisi per colori a seconda dei prodotti tipici regionali.

R: È vero che da noi l’importanza delle multinazionali è ben radicata. Ma vi sono anche produttori più piccoli, che si dedicano all’agricoltura e all’allevamento, due attività molto diffuse. Abbiamo dei prodotti tipici da valorizzare, provenienti da regioni specifiche. In questo momento vogliamo puntare sul barbecue e i coktails, molto tradizionali da noi, per incentivare la gente a prepararsi il cibo in casa.

CS: Lei come ha abbracciato questa visione?
R: Lavoravo al City Farmers Market di New Orleans, un’altra realtà locale molto interessante, dove i produttori del territorio vendono direttamente ai consumatori, ce ne sono parecchi negli States. Ricordo che mi arrivò una scatola con tutte le informazioni su Slow Food, i suoi principi e i progetti. Ho pensato che fosse esattamente quello che facevamo noi tutti i giorni al mercato e che dovevo assolutamente approfondire. Oggi sono Executive Director per Slow Food America, abbiamo un ufficio a Brooklyn, New York.

CS: Quali sono i vostri progetti all’attivo al momento?
R: Stiamo investendo molto su due fronti. Il primo, la sostenibilità alimentare generazionale: vogliamo che i nostri figli si alimentino con il buon cibo. E per questo vi sono varie iniziative di successo, come gli orti scolastici e la formazione sulla cultura e la biodiversità nelle scuole. Secondariamente, abbiamo fondato Slow Meat. In America per la maggior parte si consuma molta carne industriale. Vogliamo puntare ad un minor consumo di carne e ad una qualità più alta del prodotto. Stiamo organizzando meeting che coinvolgono tutta la filiera produttiva della carne, a cui allevatori, ranchers, macellai e distributori possono partecipare e dialogare tra loro.

CS: E tutto il vostro staff di Slow Food USA è qui per il Salone Terra Madre?
R: Certamente! E per cosa se no? È emozionante essere qui per diffondere ciò che ci sta a cuore, in un’atmosfera dove le persone condividono la tua tessa filosofia. È fantastico: ci sono le nazioni di tutto il mondo che si confrontano sul grande tema del cibo buono, pulito e giusto, non potevamo mancare.

Rinascimento agri-culturale? Rivoluzione culinaria culturale? Il futuro lo prevedono i chiaroveggenti, intanto Slow Food cresce, come anche i suoi sostenitori, e la visionarietà dei suoi progetti soddisfa l’appetito di significati di cui la società contemporanea avverte l’urgenza.

Slow Food USA: intervista a Richard McCarthy - Cucina Semplicemente

Slow Food USA: intervista a Richard McCarthy – Cucina Semplicemente

English version below

Salone del Gusto & Terra Madre 2014: Cucinasemplicemente meets Slow Food USA

It is time to collect all our impressions about Salone del Gusto & Terra Madre 2014, promoted by Slow Food Association. Cucinasemplicemente was there and managed to meet Richard McCarthy, Executive Director of Slow Food USA.

While walking on the left side of the Terra Madre Pavilion, we were fascinated by the graphics representing the snail Slow Food logo with the USA flag on the back. We know that Slow Food counts 100 000 members in 150 countries. However, it sounds odd to us to hear about the «antidote against the fast life insanity», using Carlo Petrini’s own words, in what is known to be the cradle of the fast food culture. Is it really as it seems?

After fixing an appointment, we are able to meet Richard. Here we feel free to call him with his first name, as informal and cordial as he was. A friendly and smiling man, excited by the atmosphere of the Terra Madre Exposition.

CS: Slow Food USA. It sounds like a contradiction! What do you think?
R: (laughing) Well, it could be. However, when we speak about America, we are not referring to the media-portrait nation associated to multinational companies and the American Dream ideal. There is another unknown side of the USA. A part from big cities, the States is composed of farmers and local producers who work in a sustainable way in their original areas to offer a good, clean and fair food, as Petrini says.

CS: Yes, of course. Sorry about being provocative, what I meant was, is it difficult to spread such a philosophy in a country as the USA?
R: Well, in a sense yes. On the one hand it is true that people in America don’t have the time to cook. We live on the idea of being always time pressured, and eating is considered as an external activities to pay for, outside our houses. However, in the very last 20 years things are changing: people are trying to go back to their origins and communities are gathering for a healthier, more traditional food. It is a quite sensitive topic at the moment.

While he is talking, he shows me an alternative map of the USA, showing food regions and typical products.

R: Yes, multinational companies are a reality in the USA. However, we do have many local producers, farmers and breeders who are very passionate about their work. We do have some traditional products to endorse. Right now we are pushing on Barbecues and Cocktails, two traditional American ways of cooking, to encourage people to cook.

CS: How did you know about Slow Food?
R: I used to work at the New Orleans Farmers market, another fascinating face of the USA, where producers and consumers can exchange product without intermediaries. I was sent a box containing all the information about Slow Food and I thought: “That’s exactly what we do here every single day!”. Today I am the Executive Director of Slow Food America and we have an office in Brooklyn, New York.

CS: Are you focused on some projects in particular at the moment?
R: Yes, we are focusing on two main objectives. The first is school gardens: we want to educate our children in a sustainable perspective for the future and we are investing very much on education. Secondly, we founded Slow Meat. People in America eat a lot of industrial meat, what we are trying to express is the need for consuming less and high quality meat. We organize meetings that include all parts of the meat production chain, from ranchers to butchers and distributors.

CS: And your whole staff is here for Salone del Gusto & Terra Madre?
R: Of course! It is very exciting to be here for something you stand for, with people from all over the world sharing your same ideas. It’s great.

Agricultural renaissance? Cooking cultural revolution? Soothsayers can predict the future, we can’t. What we see though, is that Slow Food philosophy is growing, as its supporters, and that people are hungry of meanings and ideas even more than food, feeling the urgency to re-discover good food and good life.

 

Mirella Prandelli

 

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