Non chiamateli tapas…
Iniziamo un viaggio attraverso i sapori della Spagna: la nostra inviata, Mirella Prandelli, mentre compie il Cammino di Santiago, ci relazione sulle tipicità culinarie della Spagna che incontra lungo il percorso.
Banconi gremiti di sapori, file e file di pietanze accuratamente sistemate, competizioni di creatività culinaria. Questo è solo un assaggio di quello che sono i “pinchos“, come li chiamano nei Paesi Baschi, in Navarra e nella Rioja. Ci tengono molto affinché non li si chiami “tapas” e in effetti hanno ragione. Si tratta di vere e proprie opere d’arte disegnate e costruite su una linea gastronomica che scorre perfettamente tra tradizione e innovazione. Le ricette più tradizionali e folcloristiche riproposte in monoporzioni colorate e gustosissime, belle da vedere e deliziose da mangiare.
Estro culinario e passione!
Quando si parla del Cammino di Santiago, si descrive un percorso intimo, spirituale, all’insegna dell’essenzialità. Dopo due settimane intere sul cammino, passo dopo passo, rettifico ufficialmente: El Camino è, prima di tutto, un viaggio. Fatica e misticismo ne fanno parte, ma si tratta soprattutto della profonda riscoperta della Spagna settentrionale e dei suoi tesori culturali. Tra di essi, certamente spicca l’estro culinario spagnolo. Le specialità locali vanno provate, soprattutto se si arriva da una passeggiata di 30 km: questo anzi ci permette di mangiarne di più, perché più affamati e meno preoccupati per la linea.
Credevamo di essere all’avanguardia noi italiani con l’happy hour: vassoi e buffet di pietanze di sicuro gustose, ma in ogni caso già viste o comunque meglio preparate a casa. In Spagna l’aperitivo si fa con i pinchos: si mangiano con le mani ma non è fingerfood; si consumano in gruppo con una birra o del vino prima di cena, ma non sono un aperitivo. Trattasi piuttosto di microcosmi eno-gastronomici attraverso i quali le papille gustative traggono al contempo la soddisfazione di un pasto completo, l’equilibrio del cibo frugale e la varietà di un pranzo di nozze.
Si fa a gara per i “pinchos” qui, soprattutto se si tratta di Navarra e Rioja, territori storicamente e simpaticamente rivali. Si contengono il podio Logroño, Burgos e Pamplona. Dopo aver faticosamente conosciuto le proposte di tutti i concorrenti, ritengo personalmente vincitrice Pamplona. Proprio a Pamplona, mi son fatta consigliare dagli abitanti locali il miglior ristorante di pinchos, vincitore peraltro del titolo 2014: El Gaucho. Vale davvero la pena provarlo.
Intorno alle 19.30 vengono esposte le prime creazioni. Ho cominciato con una croqueje di gamberetti e spinaci, una sorta di pasta sfoglia abbondantemente imburrata e fritta, ripiena di un delicato sposalizio tra il mare e la verdura. Proseguo con del pane fritto guarnito con carpaccio di salmone marinato e insalata russa. Aggiungo della mousse al tartufo servita in bicchiere che contiene, al centro, rosso d’uovo intiepidito al forno e finisce con una tempura di patate e topinambur sulla sommità. Mi avvio al secondo, assaggiando un triangolo di baccalà fritto, immerso in salsa all’avocado e maionese.
E se Pamplona vince per quantità e varietà, il mio premio al miglior pincho va a un capolavoro che ho incontrato a Burgos: due sfoglie friabili e compatte farcite con gamberetti, menta e salsa di more. Nell’attesa di volare in Spagna, vi lascio raccontare dalle fotografie, ciò che a parole sarebbe appena descrivibile.
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