Alfredo Iannaccone: viaggi, cucina e Umami – Oggi vi proponiamo l’intervista allo chef e giornalista Alfredo Iannaccone che avete già visto a Masterchef Italia.

Alfredo Iannaccone: viaggi, cucina e Umami

Vi ricordate Kill Bill, il famoso film di Quentin Tarantino? Oppure la setta delle ombre di Batman? Storie di eroi alla ricerca di qualcosa, che nonostante conoscano le potenzialità della loro forza, decidono di approfondire il potere della mente presso luoghi lontani, in Oriente, peregrinando per le risposte di cui hanno bisogno.

Ecco, la storia di Alfredo Iannaccone ripercorre queste stesse trame: una personalità visionaria, che intravede da lontano la sua strada e la percorre con grande convinzione interiore. Giornalista-chef di origini campane e vagabondo per vocazione, Alfredo si racconta a noi di Cucina Semplicemente.

CS- Parliamo del tuo bellissimo blog Cucinavagabonda. Come nasce e perché si chiama così?
AI- Cucina vagabonda nasce dalla storia d’amore di un giornalista in cucina. Il suo nome è legato alla mia vita professionale, grazie alla quale ho girato l’Italia e il mondo, scrivendo degli italiani all’estero. Poi mi sono reso conto che qualcosa covava in me: si è concluso un ciclo di vita e se ne è aperto un altro. Così la mia vocazione teorica culinaria è divenuta pratica.

CS- La tua cucina è molto legata alla filosofia Zen. Spiegaci qualcosa di più.
AI- Sì, la mia cucina si ispira ai capisaldi della filosofia orientale: parte dalla forza della mente, dal potere di un sogno. I miei piatti scaturiscono da un’emozione forte e rendono onore al cibo, attraverso la conoscenza delle materie prime unita a passione, fantasia e curiosità. Il Ramen è un piatto della tradizione giapponese che concretizza questo concetto e rappresenta la perfezione dell’ordine cosmico: il cuoco zen prepara il piatto rendendo il cibo protagonista e trasformandolo con le proprie emozioni, creando una simbiosi perfetta con i commensali che rivivono allo stesso modo le emozioni da cui è originato il piatto.

CS- Sei noto per l’ applicazione dell’Umami ai tuoi piatti. Di cosa si tratta?
AI- Di Umami qui in Italia se ne parla da poco… È stato codificato nei primi anni del Novecento, ma va ancora compreso: la cultura occidentale l’ha tradotto con “sapidità”, ma in realtà significa gioia, equilibrio. La maggior parte dei prodotti della tradizione orientale contiene acido glutammico, che favorisce le energie, la memoria e i flussi cognitivi. Le sostanze che compongono questo elemento stimolano i neurotrasmettitori del cervello, che rispondono avvertendo sapidità, anche laddove non è presente sale.

In Italia non lo sappiamo, ma mangiamo Umami da quando siamo nati, perché anche la cucina mediterranea è molto vicina a questa essenza: la semplice unione di pomodoro cotto e parmigiano rappresenta l’Umami. Il mio progetto è quello di portare l’Umami qua in Italia, coniugandolo ai sapori più vicini alla nostra tradizione. Sto spingendo molto sui brodi, base di tutte le cucine, per promuovere una cucina Umami ibrida, che non utilizza il sale.

CS- Oltre che ai sapori, sei molto attento alla presentazione dei tuoi piatti e ai loro nomi. Perché?
AI- L’estetismo e la ricerca delle forme sono un capitolo a parte dello zen: l’emozione parte dalla mente, è impensabile non creare una cosa bella agli occhi. Non può esistere il concetto del piatto brutto ma buono, la voglia di mangiare inizia proprio dalle sensazioni degli occhi.

CS- Possiamo dire che queste scoperte ti hanno cambiato la vita?
AI- Assolutamente sì. Mi hanno cambiato la qualità della vita, i miei tempi, il mio rapporto con le persone, il mio modo di magiare. A volte anche io mi meraviglio di me stesso, la mia cucina è sempre in evoluzione. Panta rei, tutto cambia, tutto si evolve.

CS- Quali sono i tuoi progetti futuri?
AI- Presto mi trasferirò a Milano. Lascio la Campania a malincuore perché è la mia terra, ma riparto come giornalista e cuoco con la valigia, alla ricerca di questi sogni. Non ho in progetto l’apertura di un ristorante, mi sentirei ingabbiato: voglio creare un laboratorio in cui sperimento e proseguire nel mio peregrinare culinario, diffondendo queste conoscenze con il connubio di giornalismo e cucina.

 

Mirella Prandelli

 

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