Cosa e quanto bisogna mangiare? Tutte le culture della civiltà umana scandiscono il loro fabbisogno nutrizionale a seconda del momento della giornata e della quantità di cibi consumati. Sembra un’affermazione scontata, ma i tempi e i modi con cui ci alimentiamo variano sensibilmente a seconda della nostra localizzazione geografica.

Mangiamo troppo ecco un porzionometro a portata di pugno

Nel 2011, in occasione del congresso Save the food!, la FAO commissionò uno studio per le perdite e gli sprechi alimentari a livello globale. Risultò che circa un terzo del cibo prodotto al mondo per consumo umano va perduto. Ogni anno i Paesi industrializzati sprecano la stessa quantità di cibo dell’intera produzione netta dell’Africa Subsahariana, 222 milioni di tonnellate.

La produzione alimentare totale pro capite dei Paesi ricchi corrisponde a circa 900 kg, il doppio dei 460 kg dei Paesi in via di sviluppo, senza contare le situazioni di denutrizione.

La differenza più interessante riguarda come avvengono le perdite: nei Paesi industrializzati si parla di sprechi alimentari, ovvero del cibo non consumato che finisce nella spazzatura. Per i Paesi periferici, invece, si tratta di perdite alimentari, ossia del cibo che va perso per mancanza di infrastrutture adeguate durante le fasi di produzione.

Se tutta la popolazione mondiale si alimentasse con le stesse quantità di cui usufruisce la società Occidentale, non ci sarebbe cibo a sufficienza per sfamare l’intera popolazione globale.

Rivedere le porzioni che consumiamo sarebbe davvero auspicabile, non solo nei confronti della salute del pianeta e dei suoi abitanti, ma soprattutto per noi stessi: mangiamo troppo.

Alcune teorie sociologiche dimostrano come l’uomo capitalista è portato a mangiare molto di più del dovuto: offerta tre per due, compra quattro paghi due e molto altro.

A causa della sovrastima della quantità di cibo, Shape Up America, organizzazione che si occupa di educazione alimentare, ha pubblicato un pratico porzionometro, di interpretazione veloce e sempre a portata di mano, ispirato alla “dieta per volumi” diffusa dal noto nutrizionista Oliviero Sculati.

Un dito per i latticini; un palmo per carne e pesce; un pugno per frutta e verdura; una pallina da tennis per pasta, riso e cereali e un pollice per l’olio extravergine di oliva, o i condimenti per l’insalata.

In effetti meno di quanto siamo abituati.

Naturalmente queste dosi corrispondono alle porzioni da distribuire nell’arco della giornata, non alle quantità giornaliere: secondo Giovanna Cecchetto, presidente dell’associazione nazionale dietisti, 3 di carboidrati complessi, 5 di frutta e verdura, 1 o 2 di proteine animali e 3 di grassi da condimento.

In altre parole, una bistecca dovrebbe equivalere alla taglia di un palmo di mano femminile, al massimo di due; un quadro ben lontano dalle costate che servono in Texas, dalle tradizionali Wienerschnitzel viennesi o dalle famose cotolette a orecchio di elefante. Per non parlare delle gare di hamburger o altro, molto in voga di recente, in cui i partecipanti ingeriscono due o tre chili di carne in un solo pasto.

Basta ricordarsi questo brevissimo elenco di accorgimenti, per avere una pratica bilancia sempre a portata di mano.

Mirella Prandelli

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