Luigi Odello: Centro Studi Assaggiatori – Abbiamo intervistato Luigi Odello il presidente del Centro Studi Assaggiatori di Brescia.

Luigi Odello: Centro Studi Assaggiatori - Cucina Semplicemente

Luigi Odello: Centro Studi Assaggiatori – Cucina Semplicemente – Fotografia di Laura Gatta

L’ufficio di Luigi Odello è arredato con uno stile tradizionale, tendente all’antico: pulito e luminoso, trasuda aroma di sigaro, lo stesso che è mezzo acceso in un posacenere vetroso. Sulla scrivania, agenda, cellulare, telefono; tutto rigorosamente caratterizzato dalle sfumature del bordeaux, dal rosso accesso, al vinaccia. Evidentemente gli piace.

Luigi apprezza la conversazione, è abituato a intrattenere dialoghi ed è altrettanto avvezzo ad aprire qualsiasi digressione all’occorrenza, complice un manifesto bagaglio culturale ragguardevole. Tra una domanda e la successiva, l’irresistibile tentazione di approfondire il lato umano, i suoi angoli e i suoi spigoli: la deformazione professionale di un giudice sensoriale.

Il Centro Studi Assaggiatori è la più completa unità di analisi sensoriale in Italia e da 25 anni persegue gli stessi obiettivi: la descrizione e la valutazione della percezione. In funzione di questo, si occupa di creare metodi, offerte didattiche, materiale editoriale e progetti d’innovazione.

CS- La vostra competenza specifica affonda nell’analisi sensoriale. Cosa significa?
LO- Esistono due definizioni dell’analisi sensoriale: da un punto di vista esplicito, si tratta dell’insieme di tecniche e dei metodi che consentono di descrivere tutto quanto percepito dall’essere umano. Diviene implicito, nel momento in cui applichiamo il metodo all’incremento della percezione delle persone, utilizzandone i risultati per fare comunicazione.

CS- L’analisi sensoriale viene prodotta in gruppo, sotto diversi profili. Ci puoi spiegare come funziona?
LO- Non ammettiamo il giudice monocratico: ognuno di noi è soggetto a determinate influenze della realtà. Soltanto valutando le percezioni di un gruppo si può rendere oggettivo, quello che di per sé è soggettivo. L’analisi viene condotta secondo i profili edonistico, sensoriale e affettivo/emotivo. La caratteristica essenziale per fare analisi sensoriale è la sensibilità nella percezione, correlata alla proprietà di linguaggio e alla profondità culturale.

CS- Che differenza c’è tra un assaggiatore e un giudice sensoriale?
LO- Assaggiatori e sommelier sono tra i migliori nelle categorie di chi studia analisi. Un bravo giudice però non deve avere mai paura di sbagliare, consapevole del fatto che verrà giudicato da un software di statistica. Non bisogna essere ancorati a dei parametri di bravura, diciamo.

CS- Il vostro business deriva principalmente dalle aziende?
LO- Principalmente sì. Facciamo formazione, pubblichiamo materiale informativo, investiamo in ricerca, ma principalmente ci chiedono i test sui consumatori, che sono il giudice supremo del mercato eno-gastronomico. Da sottolineare anche il discorso su scala mondiale: i criteri di definizione di dolce o insipido, hanno soglie molto diverse se paragoniamo i contesti culturali del globo; cinesi, americani, giapponesi o europei hanno definizioni diverse per il sapore.

CS- Riguardo all’alterazione dei prodotti sulla base dei gusti del consumatore globale, non prendete posizione etica?
LO- Evitiamo per quanto possibile il tradimento della tradizione, specialmente per i prodotti per cui costituisce un pregio. Nell’ambito di alcune tipicità possiamo proporre una versione con caratteristiche meno intense, ad esempio con il caffè, ne esistono di molti tipi diversi.

CS- Disponendo di così tanti dati sulle tendenze dei consumatori, siete in grado di prevedere quali saranno i gusti del futuro?
LO- Chiaramente è impossibile fare previsioni sul futuro. Quello che facciamo però è studiare l’evoluzione dei gusti da parte del consumatore negli ultimi anni. Ti posso dire che recentemente emerge il concetto secondo cui siamo una società che ha bisogno di coccole: il cibo rimane la nostra coccola fondamentale e siamo altamente condizionati dalla morbidezza, che ricerchiamo nei tessuti, negli alimenti e nelle bevande. Tendiamo a non accettare più l’acidità e abbiamo una prevalenza nel preferire il floreale al fruttato, per ipotesi, a causa dell’ampio uso degli aromi agrumati nei medicinali, che quindi associamo mentalmente ad eventi più o meno spiacevoli.

 

Mirella Prandelli

 

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