La cultura del pane da ristorazione è ben radicata in quasi tutta l’Italia, ma non è molto praticata se non in una ristorazione di livello medio-alto. 

Quella cioè che vuole coccolare il proprio avventore sin da quando entra, lasciandogli percepire nell’aria il profumo di pane, creando un’atmosfera piacevole e di sicuro effetto. L’intervista allo chef Marco Valletta ci svelerà i segreti del pane da ristorazione.

Pane per la ristorazione con Cucina Semplicemente

Per la preparazione del pane da ristorazione, come succede tra le mura domestiche, potrei affermare che esistono due filosofie: una sostiene la logica dell’ impasto diretto e l’altra quella dell’ impasto indiretto. Tutto il resto è altro. In comune c’è la matrice: si tratta dello chef, del cuoco, dell’appassionato ristoratore che prepara il proprio pane per servirlo ai suoi commensali.

Ad ogni modo, dopo l’iniziale dissertazione sugli impasti d’origine, le strade si accomunano perché nell’intenzione di chi sceglie una strada o l’altra, c’è una finalità identica: accostare una ricetta ad una tipologia che possa esaltarne il gusto.

Per esempio un insaccato di qualità con una grana asciutta, è meglio accostarlo ad un pane leggero e dalla crosta croccante, oppure ad un pane aromatizzato al mandarino con crosta sottile? Questa volta non centra il gusto personale, ma bisognare motivare le ragioni della scelta dell’uno o dell’altro pane.

Lo chef che propone un pane a lievito naturale – cioè quello leggero con la crosta croccante – ha pensato di valorizzare il salume nella sua integrità, mantenedo fede alla logica del pane e companatico, cioè di quella cosa che viene mangiata accompagnata dal pane. Il secondo – cioè colui che ha scelto l’accostamento con il pane aromatizzato al mandarino – ha invece preferito sostenere la pasta asciutta del salume, mettendolo in contrasto aromatico con il retrogusto agrumato del pane.

La scelta finale la lascio a voi, ma in entrambi i casi l’impasto base del pane dev’essere preparato con una cura meticolosa, sia per quanto riguarda le materie prime e la qualità dell’acqua e dei lieviti che per la qualità delle farine. Un pane da ristorazione, qualunque essa sia la produzione, deve avere un’eccellente farina.

Le due tipologie di pane hanno tempi di preparazioni diversi, così come i tempi di lievitazione sono differenti. Il pane a impasto diretto é più veloce, ed impegna meno lo chef: in tre ore è già pronto da servire in tavola. Quindi molti scelgono questa strada per via del minor tempo necessario. Chi sceglie il pane a impasto indiretto sa che deve spendere maggior tempo, magari pensando a pezzature diverse, più grandi e che necessita di un servizio adeguato, come ad esempio il taglio a sega effettuato davanti al cliente. Scegliendo di preparare un pane ad impasto diretto si prediligono le forme piccole, spesso monodose; mentre con l’impasto indiretto si preparano solitamente delle pezzature più grandi, adatte a più persone.

C’è un’ultima differenza tra il pane a impasto diretto e quello ad impasto indiretto e si tratta del mantenimento della freschezza. Il pane preparato con un impasto naturale mantiene una fragranza maggiore, data dal rapporto tra tempo di preparazione e servizio: per essere servito caldo deve però essere riscaldato.

Marco Valletta Chef

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