Pastry Chef Mondiali – Dalmasso, Forcone, Boccia e Donatone, ancora insieme in occasione del Pastry Camp, una buona occasione per rivivere un’affermazione mondiale.

Pastry Chef Mondiali

Questa intervista vuole essere un tributo a tutti coloro che, dietro le quinte ed in prima linea, hanno lavorato per un numero imprecisabile di ore, hanno investito più di un anno del loro tempo, hanno formato un vero spirito di gruppo e hanno forgiato e si sono formati, per un traguardo che, in poco tempo, è stata l’espressione della fatica e dell’impegno silenzioso e poco noto, a molti, ripagato da un podio trionfale e una vittoria indimenticabile.

CS: Alessandro Dalmasso, un allenatore da “dietro le quinte”, poco intervistato ma colonna portante di una squadra di successo. Questi tre “strumenti” hanno avuto bisogno di molta direzione d’orchestra da parte tua?
Alessandro Dalmasso: Penso che anche i direttori d’orchestra abbiano bisogno degli strumenti, questo è un lavoro di gruppo, un dare e avere, mettere a disposizione l’esperienza (lo stesso Massari, stamattina, mi ha riconosciuto il merito di avergli ceduto il fatto di potere ufficialmente allenare la squadra, ma sarebbe stato stupido non utilizzare il bagaglio di esperienza e una disponibilità di tale portata, per orgoglio personale). Dopo il mio secondo posto a Lione (nel 2009), anche se ti lascia dentro un vissuto e una vittoria personale, questo è il momento più bello, ed è bello gioire della vittoria di altri, che non sono sconosciuti, ma tre amici oramai. Amici che hai visto lavorare, il sacrificio che hanno fatto, le discussioni che abbiamo bonariamente avuto, la stima reciproca che proviamo, e questo dà più gusto alla vittoria.

CS: Chiedo a ognuno dei tre, di definire “l’allenatore” Dalmasso, quindi il professionista e non l’uomo.
Fabrizio Donatone: Io non posso che definirlo l’allenatore amico, visto che lo conosco da moltissimi anni e il fatto che fosse lui a ricoprire il ruolo, mi ha dato maggior sicurezza.
Emmanuele Forcone: Io lo definisco fiducioso, nel senso che ha creduto in noi da subito e ha scommesso sul nostro successo fin dalle fasi preliminari della nostra avventura.
Francesco Boccia: Io lo definisco presente, perché Alessandro è una persona che, quando ci sono dei problemi, è sempre pronto a intervenire.

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CS: E se tu, Alessandro, dovessi definirli professionalmente?
Alessandro Dalmasso: Fabrizio è sempre stato caparbio, lo trovo un nobile lavoratore, silenzioso e concreto, nel senso che ascoltava tutti e andava avanti a lavorare, per portare a termine l’obiettivo prefissato. Ha sempre occupato il tempo, non per discutere, ma per fare, realizzando anche ciò che non trovava giusto, per mostrati ciò che ne sarebbe derivato. Una sorta di tacito accordo che ha contribuito a non alimentare tensioni.
Emmanuele è sempre stato esuberante, io volevo fare una cosa semplice, concreta, mentre lui ha sempre cercato l’esplosione, in tutto. [Emmanuele gli mostra, ridendo alcune parole scritte sul suo portatile: “testa di legno” e, ridendo gli dice che era convinto che lo avrebbe definito così, tra le risate generali], Alessandro dice che lui ha sicuramente un carattere più difficilmente gestibile, del resto questo fa squadra, diverse “teste”, un mix di ingrediente, come una ricetta di pasticceria. Gli posso riconoscere, adesso, che qualche volta aveva ragione e che ha sempre avuto la forza di trainare gli altri.
Francesco è meticoloso, un uomo di una grande precisione dei dettagli, che lasciava disquisire, con gli allenatori, il capitano della squadra, mentre lui continuava a lavorare, sempre alla ricerca del meglio, con il suo saper lavorare in silenzio, sempre al top e con la capacità di risolvere i problemi che gli derivavano dall’esperienza precedente.
Tutti e tre sono stati il 33,33 periodico di un prodotto finale 100, non c’è qualcuno che ha fatto qualcosa in più, tutti sono stati, in percentuale, parte di una squadra di vincenti.

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CS: Adesso vi chiedo, uno per uno, se c’è stato un momento, anche solo una frazione di secondo, in cui avete pensato di non farcela.
Francesco Boccia: Io, questa volta, non ho mai pensato di non farcela, avendo già provato un’esperienza mondiale. A differenza dell’edizione precedente in cui abbiamo avuto vari momenti di crisi, anzi, questa volta è avvenuto l’esatto opposto, c’è stato un momento in cui ho pensato che ce l’avremmo fatta, concretamente.
Emmanuele Forcone: Io, tendenzialmente, ho avuto paura fino alla fine, e loro lo sanno. Io avevo i miei dubbi, mi chiedevo cosa prepareranno gli altri, il Giappone, cercavo di trovare qualcosa su Facebook, insomma ero pieno di dubbi. Probabilmente perché quando tengo molto a una cosa che sto facendo non sono mai convinto al 100% e vorrei fare sempre di più. Certamente, noi che avevamo un secondo posto alle spalle, avevamo da perdere più degli altri: arrivare terzi sarebbe stata una sconfitta, mentre posizionarci secondi sarebbe stata solo una conferma, ma non un’affermazione. Quindi c’era paura e sicurezza, allo stesso tempo.
Fabrizio Donatone: Diciamo che la paura di non farcela c’è sempre, bisogna però gestirla, purtroppo sono capitati degli episodi che potevano compromettere il risultato finale, ma ecco a cosa servono le prove e lo spirito di squadra. Quindi il momento più difficile per me è stato quando si è verificato quell’incidente, quando si è staccato un braccio dal magnifico Peter Pan di cioccolato, ma per il resto ero abbastanza sicuro, pienamente convinto di Emmanuele e di Francesco, sapevo che eravamo capaci, tutti e tre, di raggiungere il risultato e questo mi dava sicurezza. Poi, quando nel gruppo è entrato anche Iginio Massari, ho pensato che con lui avremmo avuto una marcia in più; da metà allenamenti in poi, ho potuto apprezzare i risultati che ottenevo con il ghiaccio, come una conferma di una crescita costante.

CS: Alessandro, da allenatore, hai mai avuto, lungo il percorso, un momento di dubbio?
Alessandro Dalmasso: No, mai durante gli allenamenti. L’unico secondo è stato quando, per un attimo, ho pensato che, se non avessero portato fuori la pièce, non ce l’avremmo fatta, matematicamente. E invece, dopo, sono ripartiti subito e io, da dietro le quinte dicevo: “non fasciatevi la testa”, perché, da quello che loro avevano fatto e quello che avevo visto e dall’esperienza che avevo fatto nella mia partecipazione, sapevo che era ancora tutto in gioco. Io sapevo che le degustazioni erano andate benissimo, la pièce rotta e rattoppata può perdere punti ma, se tutto il resto era al top, avremmo potuto vincere, senza problemi. Certo, non pensavo che avremmo stravinto, con tutti quei punti di vantaggio.

CS: Normalmente, a questi livelli, vince chi sbaglia di meno ma, in questo caso, nonostante l’errore, si può dire che la supremazia nel campo di degustazioni e pièce è stata così elevata da compensare, abbondantemente, la rottura?
Fabrizio Donatone: Ti posso dire che noi, per nove ore e mezza, non abbiamo sbagliato nulla, non abbiamo sbagliato una degustazione, e a mezz’ora dalla fine io lo reputo un incidente e non un errore, perciò, se andiamo ad analizzare la giornata, non abbiamo sbagliato nulla. Quello è stato uno spiacevole incidente, che non è bastato a portarci via un titolo meritato.

CS: Voi quattro non vi ritrovate dall’ultimo simposio, quasi un anno fa e questo Pastry Camp è stata una gran bell’occasione, non solo per trovarvi, ma anche per riproporre il vostro percorso e il vostro lavoro. In platea, avete colto i presupposti per una nuova squadra di futuri campioni?
Emmanuele Forcone: Sicuramente, da un Pastry Camp possono uscire dei futuri campioni, anche se oggi sappiamo che la platea era intimorita e affascinata dalla nostra storia e dal nostro percorso. È difficile dire se tra loro ce ne sia qualcuno in particolare, non conoscendoli personalmente, ma so che ci sono professionisti molto abili nelle realizzazioni manuali, chissà che un giorno…

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CS: Avete mai pensato di costituire un team, tutti voi, per allenare una prossima squadra, visto ciò che avete ottenuto, in gruppo?
Francesco Boccia: Sicuramente sarebbe molto interessante, anche perché, coprendo tutte le discipline, potremmo seguire i partecipanti sotto tutti gli aspetti.
Emmanuele Forcone: Io sono strasicuro che noi saremo d’aiuto alla prossima squadra, per tutte le competenze che abbiamo acquisito: insieme, tutti, e sicuramente lo faremo, per mettere a frutto le nostre esperienze.
Fabrizio Donatone: Io ho sempre pensato che potremo trasmettere la nostra esperienza a chi si presenterà a Lione, tra quattro anni (avendo vinto questa edizione non potremo prendere parte alla prossima edizione), anche il fatto che siamo qui oggi, noi tre più il nostro Alessandro, dimostra che, tutti e quattro, siamo pronti a farlo.

CS: E tu Alessandro, da coach, li vedi già pronti a rivestire questo ruolo all’interno del club della coppa del mondo?
Alessandro Dalmasso: Loro entrano, di diritto, a far parte di questo club, che si prefigge di selezionare, allenare e accompagnare la squadra che partecipa, ogni due anni, alla Coupe du Monde e sono, di diritto, gli allenatori del futuro.

 

Fausto Morabito

 

Fotografie di Fausto Morabito

 

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