Questa intervista si propone di accompagnare una giovane pasticciera lungo un percorso ricco di allenamenti e prove, che la condurrà alla sua prima gara importante dopo quella che, al Sigep 2015, ne ha decretato la partecipazione. Silvia si è, infatti,  aggiudicata il titolo di Pastry Queen italiana per il miglior dessert al piatto innovativo, per la migliore scultura e per la migliore pulizia e lavorazione ed ha iniziato, concentratissima e carica di energie, questa grande avventura.

Silvia Federica Boldetti: the queen of pastry

Fotografia di Fausto Morabito

CS: Domanda secca, mi dici nome, cognome e provenienza?

SFB: Silvia Federica Boldetti, vengo da Torino, ma di Torino ho solo le radici, visto che non ci vivo più da parecchi anni, mi sento più zingara che “sabauda” (come mi chiamerebbe Maurizio Santin).

CS: Osservandoti, nei tuoi allenamenti mirati alla gara, si ha la sensazione di una grande esperienza, ci dici quando e come hai cominciato?

SFB: È una cosa buffa, non esistono coincidenze, secondo me ed io, fin da piccola, ho sempre “smanettato” tra i fornelli (a Natale chiedevo in regalo la cucina per le bambole), però non ho una famiglia che proviene dal mondo della ristorazione, né della pasticceria. Per questo è stato molto più complicato spiegare il mio desiderio di volere entrare nel mio settore. Mi sono diplomata con il massimo dei voti, ho ottenuto una laurea a indirizzo giuridico-economico e, visto che non avevo ancora deciso cosa avrei voluto fare, visto che non volevo sprecare gli anni di studio, e non avevo intenzione di lavorare dietro una scrivania, ho deciso di finalizzarla in scienze gastronomiche, completando il ciclo di studi ma indirizzandolo in un settore che sentivo mio. Poi ho vinto una borsa di studio, per lavorare quattro mesi nell’ufficio stampa della rivista Slow Food ma, seppure interessante, è stata la conferma che ambivo a lavorare in altri ambienti. In occasione di un servizio alla fiera Host, ho conosciuto Livia Chiriotti, e durante le dimostrazioni organizzate da lei ho conosciuto Vittorio Santoro, che mi ha parlato di CAST. In quel momento ho deciso che era ciò che desideravo e, seppure senza esperienza, dopo qualche mese, a febbraio 2012, ho fatto la prova per entrare in CAST come stagista ed è iniziata così. Ricordo che, avendo solo fatto torte in casa e non avendo conoscenze tecniche, la prima volta che mi mandarono a prendere una raplette o uno scartino, ho cercato su internet per capire di cosa si trattasse.

CS: Oggi sei in pieno allenamento per partecipare a una gara individuale importante “The Queen Pastry”, che ti vedrà protagonista a difendere i colori italiani, mi racconti il tuo primo approccio con il mondo delle competizioni, in pasticceria?

SFB: Nel 2012, stesso anno in cui poi entrai in CAST,  ha vinto Sonia Balacchi [per il miglior dessert innovativo]. Ero ancora “vergine” di pasticceria e di gare e mi capitò di andare al Sigep con due amici, a fare un giro: sono capitata in zona gara, proprio nel momento della premiazione, senza potere assistere alla competizione. Uno dei miei amici mi disse, scherzando: “Tra qualche anno vogliamo vedere te, lì” e, naturalmente annuì ridendo, senza prenderla in considerazione realmente. Oggi eccomi pronta ad affrontare quella stessa prova!

CS: Quando hai assistito a quella premiazione, non avrai minimamente percepito quale mole di lavoro potesse esserci dietro un podio. Ora che lo vivi in prima persona, come affronti la preparazione?

SFB: A quel Sigep, ti confesso, non mi sono posta il problema. Considera che prima di arrivare alla decisione di partecipare, c’è stato un passaggio intermedio e ho fatto un anno di stage in CastAlimenti. Qui ho potuto vedere in allenamento molti colleghi, i ragazzi juniores, Davide Comaschi, i tre della “Coupe du Monde” di due edizioni fa: ho percepito quanto impegno ci mettessero. Certo, è completamente diverso esserci dentro tutti i giorni, la stanchezza che pesa di più non è quella fisica, ma quella mentale: stress e stanchezza ti sfiancano.

Silvia Federica Boldetti: the queen of pastry

Fotografia di Fausto Morabito

CS: Quanto ti aiuta Gianluca Fusto a ricaricare le tue batterie mentali?

SFB: Poco, ma poco perché penso che il suo ruolo sia diverso. Il rapporto che c’è tra me e Gianluca non è nato qui, ma è un rapporto di amicizia, ma qui l’amicizia va messa da parte ed è giusto che lui cerchi di spronarmi, certi metodi non li condivido (e lui lo sa) e quindi ci scorniamo, a volte pesantemente. Ma so che lo fa per me, anche perché là [in gara ndr] io sarò da sola, e quindi devo essere preparata al peggio, ed il peggio non è certamente lui che mi urla dietro, ma che succeda qualcosa in gara, che non vada bene qualcosa. Quindi, lui è parte del mio stress, però so che mi supporta in questo.

CS: E, visto che non è il tuo unico allenatore, come va con Davide Malizia invece?

SFB: Davide l’ho scoperto, nel senso che lo avevo conosciuto in CAST (mentre si allenava anche lui per il Mondiale), però è una persona che, sulle prima, sembra molto “freddo”, distaccato, un po’ chiuso, invece, entrandoci a contatto… direi che “la persona rispecchia il professionista”. Quindi è una persona decisa, che sa dove vuole arrivare, ma è anche una persona che “se hai bisogno c’è”. Lui si è preso questo impegno e devo dire che, se c’è una virgola che non va, lui c’è per darmi una mano e crede in me, in modo gratuito, perché io non gli ho chiesto niente e, volendo, avrebbe potuto non farlo.

Silvia Federica Boldetti: the queen of pastry

Fotografia di Fausto Morabito

CS: Due allenatori ti bastano?

SFB: Mi bastano [lo dice sorridendo], per carità, io cerco di avere qualche parere esterno, dopo essermi confrontata con loro, perché ritengo che sia importante avere giudizi oggettivi, semplicemente sul pezzo che si trovano davanti, al di fuori di ogni contesto. Però, al livello di allenatori, ritengo che sia sbagliato farsi influenzare da mille persone, perché ognuno ha il suo punto di vista. Per cui, se tu hai due allenatori, devi seguire le indicazioni che concerti con loro. Poi puoi cogliere degli input esterni, ma non decidere con loro qualcosa e poi cambiarla per un intervento esterno, non c’è miglio modo per fallire.

CS: Il tuo allenamento è iniziato a giugno, ti senti più forte di cinque mesi fa?

SFB: No, io no. Poi, dall’esterno, mi dicono di si, ma io so che arriverò a gennaio sentendomi non ancora sicura di me, è molto difficile che ciò accada. È caratteriale in me.

CS: Prima dell’ultima domanda, che riguarda ancora il Pastry Queen, ti chiedo di dirmi qual è il dolce che ti affascina di più.

SFB: Non ho un vero dolce preferito, anche perché penso che sia molto difficile rispondere a chi ne fa per mestiere, amo il cioccolato in generale, anche se per me, l’emblema della pasticceria sono le torte da forno, anche perché penso che sia molto più facile stupire con una torta moderna.

CS: Ed ora immedesimiamoci nel momento più importante, diciamo che la competizione è finita e tu hai vinto: qual è il prossimo passo?

SFB: In questo caso non ti so rispondere, non l’ho mai preso in considerazione se non vagamente. È vero che un concorso si fa per vincere, anche perché sarebbe uno spreco di tante cose ma, per quanto mi riguarda, ho deciso di farlo più per me stessa che per “gli altri”. È la voglia di sconfiggere certe cose della mia emotività, del mio carattere, come sconfiggere le vertigini andando a camminare su un filo teso tra le terrazze di due palazzi.

 

Fausto Morabito

Share